Il rame non emette sostanze nocive per l’ambiente e risulta riciclabile 100%.
Le nazioni tecnologicamente più avanzate recuperano i prodotti contenenti rame al termine della loro vita utile: ad esempio il rame è la materia prima di cui l’Italia dispone maggiormente, pur non possedendo miniere.
Questo contribuisce a ridurre la dipendenza dalle importazioni.
L’elevato riciclo dei rottami rende praticamente trascurabile il contributo del rame all’incremento costante dei rifiuti solidi e industriali. Solo una piccola parte non viene recuperata: essa è dispersa prevalentemente come composti chimici necessari per l’agricoltura.
Come mostra la tabella sottostante, quasi la metà del rame attualmente utilizzato in Italia proviene dal riciclo.
Tale percentuale è destinata ovviamente a salire, visto che la disponibilità di rottami è strettamente correlata al consumo di 20-30 anni prima e quest’ultimo è andato sempre aumentando; si calcola che l’80% circa del rame estratto fin dall’antichità sia ancora in uso sotto varie forme.
Il rame riciclato ha le stesse caratteristiche chimico-fisiche e tecnologiche del rame primario e quindi non subisce limitazioni di utilizzo o diminuzione di valore.
E’ da sottolineare che il riciclo consente un notevole risparmio di energia, in quanto i processi di estrazione e di raffinazione vengono “scavalcati”.
Lo stesso ciclo di produzione del rame primario segue strade più attente ai problemi ecologici.
Una quota sempre maggiore della produzione mondiale è ottenuto attraverso le biotecnologie: la separazione del metallo dagli inerti avviene con particolari ceppi di flora batterica, che metabolizzano il rame contenuto nel minerale senza emissioni industriali nell’atmosfera.
|